Periodico "Unione"

Marzo / Aprile 2017


La magia della tenerezza
 
“Ho bisogno di coccole, tante coccole”, così dice sempre il mio nipotino Guglielmo di otto anni. Come si fa a non coccolare un bimbo che con tanta semplicità mette fuori questa sua esigenza? È una richiesta del tutto naturale alla sua età, diciamo noi adulti, appartiene al mondo dell’infanzia, ma, probabilmente, crescendo, non gli sarà più consentita, perché “i grandi” devono comportarsi da grandi.
C’è la convinzione, infatti, che tenerezza sia sinonimo di tenerume, debolezza, legata solo al mondo femminile, anzi, qualificante per la donna e squalificante per l’uomo. Questo modo di pensare è molto  legato ad un mondo del passato dove il maschio doveva essere virile e, quindi, forte, non doveva commuoversi e lasciarsi andare a tenerezze, neanche con i figli piccoli. I miei genitori, ai figli maschi, dicevano sempre: tu sei uomo e devi essere forte, sì, perché essere forte equivaleva ad assenza di tenerezza. Noi donne, che sappiamo mescolare la tenerezza e la forza, possiamo essere testimoni per gli uomini che ci si può commuovere, che si può soffrire e gioire con gli altri senza perdere la propria forza. Il sentimento della tenerezza, infatti, riguarda, in modo totale, incancellabile e costitutivo, sia l’uomo che la donna, la loro umanità e la loro vocazione all’amore e alla comunione. La tenerezza è apertura di cuore, benevolenza, amorevolezza, capacità di andare oltre e di leggere le situazioni con occhi positivi che fanno intuire orizzonti altrimenti impercettibili. A. De Saint- Exupéry ha scritto: “Non si vede bene che col cuore.
L’essenziale è invisibile agli occhi, lo si vede solo con gli occhi del cuore”. Teneri, però, non si nasce, si diventa attraverso un lungo tirocinio ed un’ascesa attenta, perseverante e paziente. Nella mia esperienza personale, attraverso un percorso, a volte anche faticoso, di educazione alla tenerezza, con tutti i rischi che essa comporta, ho dovuto fare i conti prima con me stessa, ho dovuto imparare ad accettare, umilmente, me stessa con tutti i limiti, per accettare e stimare l’altro come si presenta, oltrepassando le apparenze.
La tenerezza è una realtà sulla quale si fondano tutte le nostre relazioni. Gesù, nella sua vita pubblica, ci dà esempio di grande tenerezza quando lava i piedi ai suoi, quando, nel Padre misericordioso, abbraccia il figlio che non aveva mai smesso di amare, quando piange per la morte dell’amico Lazzaro. Ma l’abbraccio massimo e supremo è quello della croce, dove Cristo muore con le braccia aperte, per abbracciare e salvare tutta l’umanità. Dalla Croce nasce la rivoluzione dell’amore. La Pasqua che viviamo in questo periodo è il passaggio dal decentramento dal proprio io al concentramento verso il tu.
La tenerezza è un elemento necessario per questo passaggio, per la Pasqua della nostra vita.
È l’augurio che faccio, con tenerezza, a tutti voi.


Concetta Apolito Zecchino
concettaapolito@libero.it




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