Periodico "Unione"

Novembre / Dicembre 2017


L’esperienza del limite come risorsa

Oggi tutti respiriamo la cultura del “posso tutto”, anche quello che la natura non ci concede, creando in ciascuno di noi una forma di delirio dell’onnipotenza, che porta all’esasperazione del culto di sé, del culto dell’io. La vita acquista valore solo se si è efficienti, solo se si raggiunge un certo livello di successo. La fragilità (il limite) è solitamente considerata un tratto negativo, un ostacolo alla realizzazione della brillantezza fisica e psicologica e se non sei abbastanza intelligente o prestante fisicamente, non puoi essere fiero di te e non puoi, quindi, pretendere che gli altri ti stimino e ti amino. In una società tesa all’avere, all’apparire, al dimostrare, la persona assume valore rispetto a ciò che possiede, a ciò che riesce ad ottenere, mettendo in gioco tutto, anche i valori, pur di raggiungere quella perfezione che porta verso l’irraggiungibile, a danno della qualità della vita. Oggi per fare carriera ed essere valorizzati occorre dare sfoggio dei propri meriti, mostrare mentalità ed atteggiamenti “vincenti”. La ricerca  della perfezione è un movimento che nega l’uomo come essere umano nella sua realtà. Ogni fallimento, ogni errore mette tutti in profonda crisi, ogni insuccesso è causa di traumi, di nevrosi. Ci rendiamo conto che continuamente ci alimentiamo di immagini, di spot e caroselli pubblicitari che presentano una realtà dove la vecchiaia non esiste, dove la diversità e la disabilità sono aspetti della vita che non rientrano nella logica del mercato? Riconoscersi persone con i limiti, invece, significa restituire all’uomo la sua umanità, significa imparare a vedersi non come esseri che sbagliano e falliscono, ma come esseri che proprio a partire dall’accettazione di quello che si è si incomincia ad aprirsi alla vita, la si affronta, la si sperimenta traendo vantaggi, nonostante gli errori. Anzi, proprio attraverso l’errore che possiamo sperimentare la vita in tutta la sua intensità, perché l’errore ci rende compatibili con l’umano, ci allena all’uso realistico di ciò che è fragile ed imperfetto. La storia è ricca di personaggi che nonostante, o forse grazie alla fragilità, sono  riusciti a produrre capolavori nell’arte, a diventare  campioni nello sport, ascrivere pagine della storia e della politica. Dio facendosi uomo, nell’incarnazione di Gesù, ha accettato di condividere la nostra vita umana, ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine Egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto fuorché nel peccato” (Conc.Ecum.Vat.II.  Cost. Past. Gaudium et Spes,22). Scegliendo di “farsi uomo” Dio afferma che ciò che è umano ha un valore, ma con il suo incarnarsi ci fa anche grazia: ci toglie dalla limitatezza della nostra carne e ci fa sperare l’eternità. È il mistero del Natale che valorizza grandemente l’essere umano.



                                                                                                                     Auguri con cuore natalizio
                                                                                                                            Concetta Apolito



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